A Porto Empedocle, un uomo di sessant’anni vive una situazione disperata. Dopo aver subito l’amputazione di entrambe le gambe, si trova ora “intrappolato” all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, incapace di raggiungere il centro dialisi del Villaggio Mosè a causa della mancanza di un servizio di trasporto adeguato.
Questa situazione critica è iniziata quando l’associazione di volontariato che lo assisteva ha cessato il servizio di trasporto per carenza di personale.
Da venerdì 14 giugno, l’uomo è ricoverato nel reparto di Medicina, utilizzando un posto letto che potrebbe essere necessario per altri pazienti.
Irene Alaimo, moglie dell’uomo e sua caregiver da oltre un decennio, esprime la sua frustrazione: “Siamo come in carcere,” dice. “Siamo venuti con l’ambulanza del 118 per fare la dialisi, ma ora non possiamo più tornare a casa. Da allora siamo qui, in ospedale.”
Nonostante l’eccellente cura ricevuta dai medici e dal personale infermieristico dell’ospedale, la coppia si trova in una condizione di stallo insostenibile.
Il direttore generale dell’Asp di Agrigento, Giuseppe Capodieci, riconosce il problema: “Stiamo cercando di accelerare la pratica del montascale e risolvere il problema delle autorizzazioni per le ambulanze,” spiega. Nel frattempo, si sta valutando la sicurezza di un montascale per un paziente del peso di 119 chili.
Capodieci ha anche contattato l’associazione di volontariato per esortarli a risolvere la carenza di personale il più presto possibile. Se non sarà possibile, l’autorizzazione all’associazione potrebbe essere revocata.
Il paziente, nel frattempo, sarà trasferito al reparto di Lungodegenza, dove continuerà a ricevere l’assistenza necessaria per la dialisi.
Questo caso sottolinea una sfida significativa nel sistema sanitario e nei servizi di assistenza: garantire che tutti i pazienti, specialmente quelli con esigenze speciali, ricevano le cure di cui hanno bisogno senza interruzioni o complicazioni.