Auto Rosario Livatino

Un racconto sincero quello che scaturisce dalle dichiarazioni di Piero Nava, il supertestimone dell’omicidio del Magistrato Rosario Livatino.
Nava, che vive in una località segreta e sotto protezione per via delle sue dichiarazioni che portarono le forze dell’ordine a identificare i killer che il 21 Settembre 1990 uccisero il Giudice Ragazzino, si è raccontato nei giorni scorsi alla stampa dichiarando come, nonostante una fuga costante, che l’avrebbe fatto cambiare nome, cognome e ben 9 case in 14 anni,sarebbe disposto a rifare tutto da capo pur di far trionfare la giustizia.

Il 21 settembre 1990, Pietro stava procedendo a bordo della sua auto lungo la statale Canicattì-Agrigento, all’improvviso gli si para davanti agli occhi una scena terribile: “ho visto una macchina col vetro distrutto – racconterà poi – “qualcosa di azzurro” che scappava, una persona che saltava il guard-rail con una pistola in pugno, un altro col casco vicino a una moto”. Quel “qualcosa di azzurro” era Livatino, il “giudice ragazzino”, e quei due dietro di lui erano i suoi assassini, che lo hanno inseguito nella scarpata oltre l’autostrada per freddarlo senza pietà.


“La gente deve capire che lo Stato siamo noi “ – dice Nava alla stampa dichiarando inoltre la difficoltà di vivere lontano dalla propria famiglia e dagli affetti più cari distanti oltre 500 Km.
“Quando è morto il giudice Rosario Livatino sono morto anche io assieme a lui. Io non sono stato coraggioso, sono un uomo normale, che ha fatto una cosa normale. Lo rifarei domani mattina” – termina il supertestimone che nei prossimi giorni, in collegamento telefonico per questioni di sicurezza, presenterà il suo libro ‘Io sono nessuno’ a Lecco.

Di Pietro Geremia