La notte di sabato si è chiusa con un evento tragico e avvolto nel mistero a Messina, dove Michele Lanfranchi, 19 anni, è stato trovato morto in circostanze sospette.
Il suo corpo giaceva in una pozza di sangue sul marciapiede di via Michelangelo Rizzo, nel quartiere periferico di Giostra, noto per la sua storia di criminalità legata allo spaccio di droga e estorsioni.
Lanfranchi, trovato con una pistola nella mano destra e un bossolo calibro 7.65 accanto a sé, aveva una ferita mortale alla giugulare. Nonostante l’immediato intervento degli agenti della polizia di Stato e del personale del 118, i soccorsi sono stati inutili.
La procura di Messina, con il sostituto procuratore Liliana Todaro al coordinamento, ha avviato un’indagine complessa, con gli investigatori della squadra mobile che non escludono nessuna ipotesi: dall’incidente all’omicidio, mentre l’idea del suicidio sembra improbabile.
La vita di Lanfranchi era già segnata da precedenti giudiziari per spaccio e reati contro il patrimonio. Durante l’ultima serata con gli amici, aveva esibito l’arma con orgoglio, elemento che ora assume contorni sinistri alla luce degli eventi. Gli amici presenti sono stati interrogati e sottoposti a test per rilevare residui di polvere da sparo.
Oltre all’analisi delle impronte e alla perizia balistica, fondamentale sarà l’autopsia per chiarire la dinamica e la causa esatta della morte di Lanfranchi, che avrebbe compiuto 20 anni a luglio.
Descritto come eccentrico e amichevole, Michele è ricordato con dolore e incredulità dai suoi amici. Le testimonianze sui social parlano di un ragazzo pieno di vita, un “angelo bello” strappato troppo presto alla vita, lasciando un vuoto incolmabile tra coloro che lo conoscevano.
La comunità di Messina ora attende risposte, sperando che la luce della giustizia possa fare chiarezza su questa notte fatale, segnando un momento di riflessione sulla violenza che troppo spesso colpisce i giovani nei contesti urbani difficili.