In un’incisiva operazione coordinata dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina, sono state eseguite oggi misure cautelari, sia personali che reali, nei confronti di nove persone coinvolte in gravi accuse di corruzione e peculato. Il GIP del Tribunale di Messina ha emesso le ordinanze su richiesta della Procura della Repubblica.
Le misure personali impongono il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare attività imprenditoriali nel settore sanitario a quattro degli indagati.
Simultaneamente, è stato ordinato il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili di tutti gli indagati, quantificati in 11 milioni di euro, corrispondenti ai fondi pubblici presunti distratti.
L’inchiesta ha preso avvio nel 2019 a seguito di una denuncia presentata da un medico del Policlinico Universitario Azienda di Messina, che ha evidenziato numerose irregolarità nella gestione del centro clinico privato NeMO Sud, istituito nel 2012 per attività di riabilitazione neurologica.
Dalle investigazioni, che hanno incluso l’analisi di documentazione, interrogatori e intercettazioni telefoniche, è emerso che dirigenze passate del Policlinico avrebbero favorito il centro privato, permettendogli di operare all’interno della struttura ospedaliera senza le dovute autorizzazioni e accreditamenti della Regione Siciliana.
Ciò ha comportato un onere ingiustificato per l’Erario, in quanto le prestazioni erano erroneamente classificate per ottenere rimborsi regionali.
Il caso si complica ulteriormente con le accuse di corruzione a carico di un medico del Policlinico, il quale, oltre a supportare la fondazione del centro NeMO Sud, avrebbe facilitato l’erogazione arbitraria delle prestazioni di neuro-riabilitazione, ottenendo in cambio la posizione di direttore clinico e favorendo l’assunzione di familiari all’interno della struttura privata senza concorso pubblico.
L’indagine, tuttora in corso, si svolgerà nel pieno rispetto dei diritti degli indagati, che sono da considerarsi innocenti fino a prova contraria in sede giudiziaria, dove il processo si concluderà con un giudizio equo e imparziale.
Questo caso solleva nuovamente questioni cruciali riguardanti la trasparenza e l’etica nella gestione delle risorse pubbliche e nelle interazioni tra enti pubblici e privati nel settore sanitario.