La procura di Palermo ha formulato richieste di condanna significative nel corso del processo noto come ‘Giano Bifronte’, che indaga una rete di corruzione all’interno dell’assessorato all’Edilizia privata del Comune durante la gestione dell’ex sindaco Leoluca Orlando.

L’inchiesta ha messo sotto accusa diversi politici e funzionari comunali, con richieste complessive di sessanta anni di carcere per i nove imputati coinvolti.

I pubblici ministeri Andrea Fusco e Giovanni Antoci hanno chiesto l’ammontare di pena più elevato, otto anni di reclusione, per l’imprenditore Giovanni Lupo, ritenuto socio occulto e responsabile della Biocasa.

Seguono con richieste di sette anni altri figure chiave come l’imprenditore Francesco La Corte, l’ex dirigente tecnico Mario Li Castri, l’architetto Fabio Seminerio, e gli ex consiglieri comunali Giovanni Lo Cascio e Sandro Terrani, rispettivamente ex esponenti del Partito Democratico e di Italia Viva.

La situazione si complica con sei anni di reclusione richiesti per Agostino Minnuto e Giovanna D’Attardi, quest’ultima partner di Giuseppe Monteleone, un altro degli accusati.

L’indagine ha preso spunto dalle dichiarazioni di Filippo Salvatore Bisconti, un pentito di mafia, e ha portato alla luce manovre di corruzione legate a progetti edilizi significativi, tra cui una controversa lottizzazione che ha visto un aumento delle unità abitative da realizzare.

Il processo si svolge davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo, con una schiera di avvocati pronti a difendere gli imputati, segno dell’alta posta in gioco. La comunità attende ora le argomentazioni finali e la successiva sentenza.