È da qualche minuto riunito, nel suo studio a Palazzo Madama, con i  responsabili dell’operazione “laboratorio Sicilia”: Stefano Candiani e  Nino Minardo. 
E quando La Sicilia, per  inconsapevole congiuntura astrale, chiama uno degli interlocutori del  leader della Lega (soprattutto per chiedere: ma com’è finita con la  risposta di Nello Musumeci?), il cellulare passa in mano a lui. «Sono  molto soddisfatto del percorso che si sta facendo in Sicilia», ci dice  Matteo Salvini. Che dettaglia: «Il nostro progetto di federazione con la  Lega è aperto a tutte le forze locali e regionali che vogliono scrivere  assieme a noi la nuova agenda politica del centrodestra, ma sopratutto  il futuro della vostra regione. A partire, ovviamente, dal movimento del  presidente Musumeci…».
Tutt’altro che scontata, quest’ultima precisazione.  Perché, alla proposta di un patto federativo lanciata qualche giorno fa  dalla Lega, Musumeci non ha ancora risposto. Nessun contatto con  Salvini. Soltanto un breve e interlocutorio colloquio telefonico con il  deputato nazionale Minardo, ieri mattina. «In Sicilia – ridacchia  Candiani – ho imparato ad apprezzare anche i ritardi, un po’ come quando  arrivi in stazione e credi d’aver perso il treno, ma poi ti accorgi che  non è in orario e sei ancor più felice di prenderlo, dimenticando il  tuo ritardo». Traduzione politica: il tempo, per Musumeci, non è ancora  scaduto. Ma adesso le parole di Salvini, che di pirsona pirsonalmente  sembra voler aprire una corsia privilegiata al movimento del  governatore, potrebbe essere davvero l’ultima chiamata del capotreno  leghista.
Musumeci continua ad avere due ordini di perplessità.  La prima è un malcelato fastidio per la “promiscuità” insita in questa  nuova versione del patto federativo, all’inizio concepito come un  matrimonio, molto più tradizionale, fra il primo partito del  centrodestra e il movimento del governatore. Ma su questo aspetto la  Lega ha le idee chiare: «Lavoriamo per unire più forze – scandisce il  segretario regionale Candiani – in un rapporto che non sia  opportunistico ma strutturato. E cioè spendibile, con proposte concrete,  per governare i Comuni, la Regione e il Paese». 
La seconda titubanza di  Musumeci è legata alla reazione di una parte del suo elettorato  “personale”, peraltro già sperimentata dopo l’ingresso ufficiale della  Lega nel governo regionale. Non a caso, nell’incontro romano di martedì  scorso, quando Candiani gli anticipa la strategia aperturista, il leader  di DiventeràBellissima mostra al senatore leghista alcuni sms ricevuti.  «Leggi qui: molti dei miei quest’alleanza non la tollerano. C’è bisogno  di tempo per farla maturare».
Questi (e alcuni altri) dubbi il governatore li ha  affrontati, martedì sera, in un vertice con il gruppo dell’Ars, alla  presenza dell’assessore Ruggero Razza. La strategia di avvicinamento  alla Lega potrebbe avere una tappa decisiva nell’assemblea del movimento  (data ipotizzata il 4 luglio) per consegnare, dopo averlo messo ai  voti, un mandato a Musumeci per andarsi a sedere al tavolo della  federazione. 
Tutti allineati e coperti? «Non proprio, il discorso è  aperto», smozzica Giorgio Assenza, descritto come uno dei più  recalcitranti all’accordo con la Lega. «La strategia di federarsi con un  partito nazionale è corretta, ma dev’essere condizionata – puntualizza  il deputato regionale – ad almeno due punti. Il nostro movimento deve  mantenere la sua identità, con simbolo e liste proprie alle elezioni  amministrative e regionali. E poi, soprattutto, il nostro interlocutore  deve garantirci il sostegno a Musumeci, che sta facendo benissimo il suo  lavoro, per la naturale ricandidatura nel 2022 come leader della  coalizione».
Sulla prima condizione c’è già un modello sperimentato:  quello della federazione fra la Lega e il Partito d’Azione Sardo, che  ha espresso il governatore e alle urne si presenta con il proprio  simbolo nelle competizioni locali. «Musumeci può essere il Solinas  siciliano», dicono i leghisti siciliani più interessati all’accordo.  Tanto più che nessuno esclude l’ipotesi di lavoro che si possa arrivare a  un unico cartello di movimenti rappresentato dal presidente della  Regione come interlocutore di Salvini. Assenza (così come molti di  quelli che la pensano come lui) resta scettico sulle reali intenzioni di  altri alleati: «Non dev’essere una corsa a occupare spazio, perché in  questo sport i lombardiani sono primatisti mondiali, tant’è che con la  Lega si sono subito portati avanti. Dovremmo dare al nostro presidente  il mandato di trattare le nostre condizioni con tutti i partiti  nazionali del centrodestra. E poi decidere con chi federarci…».
Eppure, visti i rapporti di Musumeci con Giorgia  Meloni e Gianfranco Miccichè, oggi le altre strade appaiono come  sentieri impervi. E la Lega, al netto dell’ultima dimostrazione di  pazienza di Salvini, non sembra disposta ad aspettare tempi biblici.  «Entro l’estate – incalza Candiani – dovrà essere pronta una nuova  agenda politica condivisa, per farla diventare una parte aggiuntiva del  programma del governo regionale».
Ma è soprattutto sulla fattibilità della seconda condizione – la golden share  sul mandato-bis – che Musumeci potrebbe essere invogliato a chiudere  l’accordo. Nella mappa delle Regioni del Sud (dopo i passi indietro –  vecchi e nuovi – su Calabria, Puglia e Campania, lasciate agli alleati),  la Lega ha messo l’ipoteca sulla Sicilia. E dovrebbe essere proprio  Salvini, che oggi tende la mano ai movimenti locali, «a partire da  quello del governatore», a scegliere il cavallo di centrodestra su cui  puntare fra due anni e mezzo. E dunque, al netto della mai negata stima  per il meloniano Salvo Pogliese e del flirt pandemico con Cateno De  Luca, per quale motivo il “Capitano” dovrebbe dire di no al presidente  uscente, a maggior ragione se per di più federato? Ed è proprio questa  l’ultima, tormentatissima, tentazione di Musumeci.
Fonte: lasicilia.it
(https://www.lasicilia.it/news/politica/349557/ora-matteo-salvini-accelera-sul-laboratorio-sicilia.html)