Rapina oggi pomeriggio ad Unicredit a Cinisi, portata a termine da due banditi armati di taglierino che si sono finti clienti e indossando mascherina e cappellino si sono introdotti nei locali di Corso Umberto I e hanno rinchiuso i dipendenti e i clienti in una stanza aspettando l’apertura a tempo delle casse temporizzate. Il bottino ha fruttato 110.000 euro.

Il Sindacato FABI aveva pochi giorni fa lanciato l’allarme, parlando di segnali gravi e preoccupanti. “Lo avevamo detto che non bisognava abbassare la guardia e i colpi registrati nei primi tre mesi nell’anno ne sono la conferma, in ultimo il preoccupante episodio di oggi –  afferma Gabriele Urzì Segretario Provinciale FABI e Responsabile Salute e Sicurezza FABI Palermo.

I rappresentanti aziendali della sicurezza delle banche – tuona Urzì – a volte probabilmente sottovalutano, con riferimento alla Pandemia da Covid 19, che dall’inizio della c.d. “Fase 1” ad oggi sono decine i colpi messi a segno da rapinatori in tutto il Paese che, a posto del classico passamontagna, si mescolano ai clienti con una mascherina FFP2 che svolge lo stesso compito senza dare nell’occhio: nascondere il volto dei malviventi.

Forse si sottovaluta che la mascherina, come confermano gli investigatori, ci tutela ovviamente dal rischio di contagio ma avvantaggia i banditi che si spacciano per normali clienti in attesa e poi tirano fuori le armi da taglio o da fuoco e portano a segno le rapine. Così la mascherina diventa un “attrezzo del mestiere” facile da usare e facile da nascondere nella fase della fuga quando non serve più.  A questo aggiungiamo – continua Urzì – la dismissione dei servizi di guardiania armata che facilita non poco i malintenzionati.

Inoltre è preoccupante che spesso i rapinatori invece di arraffare il poco contante ormai presente allo sportello vista l’adozione dei c.d. “roller cash” (cassetti blindati che erogano solo il contante relativo all’operazione in corso), si introducono nei locali immobilizzando clienti ed impiegati attendendo l’apertura delle casseforti a tempo”.

A Palermo ed in Sicilia il 2022 non è iniziato bene per gli istituti di credito che, dopo un periodo fortemente influenzato dalle restrizioni per la pandemia, sembrano essere di nuovo nel mirino dei rapinatori.

Il 25 gennaio alla BPER di Villaggio Mosè ad Agrigento due malviventi con il volto travisato avevano cercato di assaltare la filiale di Viale Leonardo Sciascia. Il colpo è fallito solo perché il dipendente che doveva aprire la cassaforte è svenuto e i rapinatori hanno desistito. Il 26 gennaio, il giorno dopo, è stata la volta della Banca Don Rizzo di Via De Amicis a Palermo, dove un malvivente armato di coltello e a volto coperto ha colpito alla testa un’impiegata ferendola col manico dell’arma da taglio a seguito di una reazione appena accennata della malcapitata.

A seguire a Catania l’8 marzo, la Polizia di Stato ha tratto in arresto un uomo che nel giro di poche decine di minuti armato di coltello, aveva perpetrato due rapine ai danni di altrettanti istituti di credito in Via Giacomi Leopardi con un bottino di appena 360 euro complessive. Il 4 aprile rapina al CREDEM di Terrasini dove tre banditi, che si erano finti clienti, con volto coperto dalla mascherina e un cappellino di lana, hanno minacciato clienti e impiegati e hanno arraffato 100.000 euro terrorizzando i presenti, che sono stati immobilizzati con delle fascette di plastica.

“Le Forze dell’Ordine svolgono un lavoro straordinario, ma occorre una migliore organizzazione della sicurezza da parte delle banche, progetti mirati ad attuare una più efficace strategia antirapina, sistemi di difesa più sofisticati e al passo con i tempi, aumento del budget da destinare alla sicurezza, maggiore formazione del personale, apparati di controllo sempre più aggiornati.

E, nei casi di filiali particolarmente esposte per allocazione logistica e/o per livelli di business è indispensabile la guardiania armata che costituisce il deterrente più efficace contro i malintenzionati. Non c’è occhio elettronico che può sostituire quello umano. Infine è inutile sbandierare da parte di ABI che il sistema bancario spende quasi 580 milioni di euro all’anno in Sicurezza – aggiunge Urzì: sono tante le voci di spesa più consistenti e, forse, meno importanti della sicurezza che sostengono i banchieri a cominciare dalle assurde ed ingiustificate retribuzioni degli Amministratori Delegati delle Banche”.