Incredible Hulk

Il Dna memorizza gli allenamenti fatti come uno sportwatch, aiutando i muscoli a diventare sempre più grossi e sviluppati nel tempo. Una buona notizia per gli sportivi della domenica, che pur praticando con discontinuità potrebbero migliorare le loro performance, e soprattutto per gli atleti professionisti, che presto potrebbero essere aiutati con allenamenti personalizzati in base al Dna. Pessima notizia invece per i furbetti dello sport, perché la scoperta della memoria dei muscoli, se confermata, potrebbe portare ad un prolungamento dei tempi di squalifica per doping. A indicarlo è lo studio britannico pubblicato sulla rivista Scientific Reports dall’Università di Keele in collaborazione con quelle di Liverpool John Moores, Northumbria e Manchester Metropolitan. I ricercatori hanno usato le nuove tecniche di analisi del genoma focalizzandosi su 850.000 siti del Dna umano: hanno così scoperto che l’esercizio fisico lascia la sua ‘impronta’ nei muscoli, disattivando gli interruttori molecolari che tengono spenti molti geni. Una volta eliminati questi freni, i geni possono essere accesi più facilmente da un nuovo allenamento, dando una maggiore crescita muscolare, anche se l’esercizio viene praticato dopo un periodo di inattività. “Questo studio dimostra per la prima volta che la memoria dei muscoli di cui tutti abbiamo esperienza esiste davvero a livello genetico”, afferma Emiliano Giardina, responsabile del laboratorio di Medicina genomica di Fondazione Santa Lucia e Università di Roma Tor Vergata. “E’ una buona notizia per chi pratica sport con discontinuità, ma soprattutto per gli sportivi professionisti, perché significa che i geni possono diventare biomarcatori per monitorare l’allenamento e calibrarlo in modo personalizzato”, soprattutto nel recupero post-infortunio. La scoperta, però, potrebbe avere seri risvolti anche sulla lotta anti-doping. “Se un atleta assume sostanze per potenziare la massa muscolare, i muscoli potrebbero conservarne memoria”, spiega il ricercatore britannico Robert Seaborne. Le squalifiche a breve termine, dunque, “potrebbero essere inadeguate, perché l’atleta potrebbe continuare ad essere avvantaggiato rispetto ai competitori, anche se non assume più quelle sostanze”. Per confermarlo, però, “servono nuovi studi in cui la massa muscolare sia potenziata con sostanze esogene e non con l’esercizio fisico”, sottolinea Giardina. “In ogni caso sarebbe difficile dimostrare e quantificare il vantaggio dovuto al doping, perché l’accensione dei geni varia moltissimo da individuo a individuo, in base anche all’ambiente e allo stile di vita”.

Fonte: Ansa.it