
L’uomo, emigrato in Svizzera nel lontano 1976 dopo aver subito una procedura fallimentare, trovò lavoro prima come impiegato in una struttura alberghiera ed in seguito, intraprese l’attività di commercio di opere d’arte e reperti archeologici, avviando la ditta Palladion Antike Kunst, riuscendo successivamente a diventare titolare di una galleria d’arte a Basilea.
Pare però dalle indagini che la fortuna del trapanese fosse legata a Cosa Nostra. Secondo la ricostruzione effettuata dagli investigatori della Dia di Trapani, insieme alla Polizia Elvetica, per oltre un trentennio infatti, l’uomo avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti archeologici, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte da tombaroli al servizio di cosa nostra.
Ma dietro al traffico illegale di reperti archeologici ci sarebbe il boss della mafia, Francesco Messina Denaro, poi sostituito da suo figlio l’odierno latitante Matteo.