scuola

Da quest’anno, è entrata in vigore una norma che sta facendo discutere molto il mondo della scuola, chi entra in ruolo nell’anno scolastico 2020/2021 avrà l’obbligo di rimanere 5 anni nel luogo di assegnazione per non perdere l’immissione. Si tratta di una legge pubblicata nella gazzetta ufficiale del 29 dicembre 2019, Il comma 17-octies dell’articolo 1 innalza da 3 a 5 anni scolastici di effettivo servizio – per tutti i docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato – l’obbligo di permanenza nella scuola di titolarità, a decorrere dall’anno scolastico 2020- 2021, con alcune limitate eccezioni.

Oltre a ciò, il fatto che le assegnazioni non avvengano in presenza ma in via telematica, fa sì che non siano registrate in tempo reale le rinunce da parte dei docenti inseriti nelle graduatorie di esaurimento con riserva: docenti inseriti con punteggio maggiore siano stati assegnati a province lontane e diverse da quella richiesta mentre docenti con punteggio minore hanno ottenuto la assegnazione sulla provincia richiesta.

E se si rinuncia al trasferimento, si perde l’assegnamento di ruolo. Quasi un ricatto, verrebbe da pensare. E per chi pensa che trasferirsi a decine se non centinaia di chilometri sia troppo complicato, non rimane che il pendolarismo, con ovvie ripercussioni economiche e personali.

Una situazione che ha scatenato le proteste di molti docenti, neo immessi, che chiedono un intervento da parte del Ministero dell’Istruzione che riconsideri questa norma e che vengano ripristinate le stesse condizioni contrattuali sulla mobilità che continuano ad interessare tutti i docenti finora già immessi in ruolo nelle graduatorie di merito e ad esaurimento. Ma dalla ministra Azzolina, ad oggi, sembra non essere arrivata nessuna risposta.